mercoledì 21 marzo 2012

Sposerò Grace Paley (e Donald Barthelme)





Nicola Cordeschi, Spammer di Mega-email, scrive ai suoi compagni del corso di reportage, ai tutor e a tutti noi: ci parla di intervistati e intervistatori, di eBook risucchiati da sciacquoni ad alto tiraggio, di intelligenza e stupidità, di cavalli e altri animali domestici, di letture consigliate e scrittori da sposare.


Cara Barbara (e cari tutti voi altri anche se non vi saluto), sono assolutamente d’accordo quanto a vederci il 10 marzo, alle 15 all'auditorium di Roma, all’ombra di cartelloni disegnati con gusto, per ascoltare l’intervista alla Egan e rimandare l’ultimo incontro del corso di reportage conseguentemente. È bello dire: conseguentemente. D'altronde, è sempre bello ascoltare un’intervista a una scrittrice che ti piace, è come se la conoscessi, da un certo punto di vista, il tuo, perché lei non ti conosce – in quei casi il problema è sovente l’intervistatore. Da non credere, in genere non hanno molta fortuna; posseggono una specie di intelligenza terribile e avida. Capacità di comprendere le risposte, poca; ma non importa, l’intervistatore è sempre affascinante: è lui che ti pizzica le narici e ti fornisce il brivido sollecito dell’ignoranza: sarà un intervistatore cane?, entrerà in empatia inanellando una serie di domande che produrranno tanto sudore nel lettore quanto sulla cute dell’autrice? Chi lo sa. Per mio gusto, gli animali mi sono sempre piaciuti. Sicuramente più dei colpi di bronchite. In ogni modo confido in un paesaggio chiuso e oleato. (Tuttavia, qualora non ci fossero uscite di emergenza, mi duole dirti che non verrei) – Oh, Barbara, potresti informarti? Mi manchereste molto ma certi ambienti per quanto allestiti con gusto e buoni propositi sono spesso disattesi dall’assenza di uscite di emergenza e dalla bassa qualità delle sedie: in quei casi immancabilmente tutto ti disattende: le luci, le tue paia di scarpe, anche il vicino seduto sulla sedia accanto alla tua, mi è capitato: è un auditorium di disattese. Ah! (è un ah! enfatico, non sorpreso, gli ah mi scappano sempre sorpresi o spaventati, mai enfatici, eppure adoro l’enfatismo) Se potessimo essere solo io tu e l’autore! - in questo caso: l’autrice! Ma non si può, è un mondo pieno di impiccioni a caccia di intervistatori che fanno interviste a scrittori intervistati…

Comunque: la Egan! Devo esserci. Il tempo è un bastardo è il primo e-book che ho comprato nella nuova era digitale – ebbene sì, ho comprato l’e-book, e allora? – se l’editoria deve morire ho deciso che voglio ucciderla io, l’amo troppo per vederla finita da mani altrui mentre passeggia distratta per le strade primaverili di Roma, l’erba puntuta e verde, finalmente di nuovo intensa sotto le cacche dei cani, colorata di nuove idee, l’editoria, di nuovi autori da contattare, traduttori, prospettive, bollette della luce lì a Ponte Milvio, bollettini di distributori da onorare, che passeggia, ignara…

Anche se in effetti ho dovuto interrompere la lettura della Egan per rispondere in tempi brevi ai consigli dei Tutor… (quanti libri belli ti consigliano i tutor, per ogni libro che leggi ne tirano fuori altri tre: verrebbe da dire: libri come conigli. Quanti libri. Amo molto anche i conigli: ma è bello e frustrante. Penso di aver letto molto e bene nella vita ma poi ho la sensazione come di non aver letto ancora mai niente; l’ho detto anche ai tutor, che hanno fatto: “ah…”, e però il loro ah non era come il mio, non era né enfatico né spaventato né sorpreso – per rifarmi, dopo aver chiesto a una signora di domandare a un’altra signora di obliterare per me (non mi hanno fatto il piacere e la loro risposta, infastidita per giunta, è stata sostenere che fra i tre io fossi il più vicino all’obliteratrice), ieri sull’autobus ho fermato una bella ragazza intenta a leggere un libro qualsiasi, troppo brutto per dichiarartene il nome – ti offenderebbe Barbara, ne sono certo, comunque lei era bionda e coi boccoli, come la mia stupidità, quando prende forma e mi aspetta sul divano nero in finta pelle, la finestra aperta che dà su via Appia, le sere che esco e la tradisco in giro con gli amici fingendomi intelligente, al che l’ho bloccata con un sorriso sincero e ho dichiarato con voce stentorea (c’era confusione): “Tu credi di star leggendo qualcosa ma non hai ancora letto mai niente mia cara lettrice!!

Oh Barbara… quanto poco senso dell’ironia e dedizione per l’intelligenza e i consigli spassionati hanno le persone…
Comunque per lo meno non era un e-book. Sono belli gli e-book: non hanno lo schermo retroilluminato così che non puoi leggere al buio ma al sole sì, e se cadono, due volte su tre non si rompono, il mio è caduto tre volte: e non hanno i pixel ma l’inchiostro sensibile, mi ricordano i carnevali dell’infanzia. Tu li hai avuti i carnevali dell’infanzia? A proposito ora mi sento di poterti dire qualcosa di più di questa esperienza: ho scoperto quale è la cosa più fastidiosa, soprattutto per chi vuole rubare dai libri ma anche no: con gli e-book, è come se ti dessero di un libro una pagina alla volta, e a ogni nuova ti portassero via la precedente, sparita di colpo, in maniera astratta, istantanea, un po' come lo sciacquone ad alto tiraggio esistenziale della meganave di Una Cosa Divertente... - e questo non è bello Barbara. Per mio gusto, mi piacerebbe tenere la metafisica lontana dalla letteratura. Dopo l’e-book, ogni volta che leggo persino Bukowski penso a Parmenide e ai paradossi di Zenone. Non posso più leggere neanche una parolaccia sull’e-book che di colpo mi viene in mente che l’essere è e non può non essere e io non posso smettere di pensare al fatto che l’essere è e non po’ non essere. Metafisica! Questo mi dispiace. Come se non bastasse, l’e-book ha azzerato il fruscio e il movimento involontario delle pagine quando sono al mare. Non temono i colpi di vento, gli e-book, solo il crollo delle batterie. A proposito, lo sai che sono nato insieme a Zenone? Cioè, sulla stessa terra. Io però in ospedale. Lui è più vecchio di me.

Barbara, mi sto allungando troppo, o dovrei dire dilungando, un Inviato da Reportage dovrebbe usare al meglio le parole, altrimenti potresti pensare che io sia cresciuto in altezza, cosa che certo mi piacerebbe ma il metro conferma che non è avvenuto, anche se lo consulto con lodevole costanza (anche con Costanza, alle volte, l’altra corsista, non so se l’hai conosciuta), a proposito ti darò un dolore – ora mi rivolgerò ai tutor e anche ai corsisti. Mi spiace parlare anche a loro, non lo meritano, ma sono educato, non come la lettrice sull’autobus; perché mi piaceva il clima creato tra noi in questa email piena di confidenza, la mia Barbara, mentre io la scrivevo e tu la leggevi. Alle volte mi pare come che tu la leggi prima che io la scriva (come vedi a te assegno gli indicativi, pieni di diretta sapienza, è un fatto di rispetto e di stima, a me i congiuntivi, gonfi di dubbi e affrettata possibile incapacità – sono un uomo che apprezza molto gli indicativi e prima o poi imparerò a usarli), ma potrebbero essere semplicemente le melanzane della scuola Café lì all’Art déco, magnifica!, o la crisi del petrolio. Alla fine io dico sempre, è una divergenza di intenti: una volta un mio amico ha detto: “Tu non sei scemo, lo fai” era un buon amico, basico, senza accessori. Sono contento di averlo ingannato. Per irrobustire la sua opinione nei miei riguardi rispondevo accigliato con tono adeguatamente baritonale: “Hai ragione amico mio, tu mi capisci” Ciò non gli impedì di ricredersi, una primavera bella come questa, a casa mia, mentre fuori se la spadroneggiava l’erba puntuta; mai parlare di conigli a un amico.
E quindi cari corsisti e cari tutor: avete visto che non vi ho perseguitato proseguendo con la mia attività di Spammer da mega-email?
Ora però ne approfitto.

E quindi: Nota per i tutor:

LETTURE
Tutor: Donald Barthelme e Grace Paley! le vostre letture tutoriali date a me corsista sono troppo belle perché muoiano così, è giusto che diano qualche frutto – ho deciso quindi sposarli entrambi – non mi importa la differenza di età. In questi giorni di vostra assenza e di letture, sto meditando di morire per convolare in un rito triplice lì dalle loro parti, ma qualcosa mi dice che forse è meglio aspettare – non tanto per l'attrito che produrrebbe la morte sulla mia persona (se l’editoria muore, perché non posso morire anch’io?) quanto perché sto ancora cercando di maturare un'opinione adeguata sull'istituzione matrimoniale; in fondo perché sposarmi se voi siete ancora single? piuttosto, la pizza di sabato sera era buona ma il babà alquanto scadente. Come sono perentori certi camerieri! Means non ho purtroppo avuto ancora il tempo di frequentarlo (devo anche scrivere, mangiare, e occasionalmente dormire). Credo che Means sia ancora vivo, questo mi dissuade, non amo gli incontri di fantascienza.
Barbara, se sapessi come si dorme male da soli! Ma questo non è allusivo, mi riferivo all’assenza delle benzodiazepine.

SCRITTURA
Sono contento di avere qualche giorno in più a causa dell’intervistatrice che intervisterà la Egan, il mio reportage è decollato (dico "decollato"... oggi sono un ottimista... ) solo negli ultimi tempi, e qualche giorno in più certo mi servirebbe. È un progetto a lunga scadenza il mio, compro verdure e fosforo e alimento la mia intelligenza. La mia ultima ragazza è fuggita, l’intelligenza è un turbine nei cervelli che fa troppa aria. Peccato, era una buona lettrice, la Egan le sarebbe piaciuta. Quando è andata via un rigurgito di affetto nei miei riguardi l’ha bloccata alla porta e l’ha costretta a dirmi: “Hai la testa come una carrozza!”
Nel bere succhi di frutta per dimenticare, io mi dico che ci ha visto anche i cavalli, che sono pieno di cavalli, non solo la carrozza… Nella solitudine della mia vita domestica ci penso, ai cavalli, vorrei una carrozza piena di cavalli, cento, mille cavalli, di tutte le razze, e la capacità di tenerli tutti stretti con le briglie al mio polso. Ma questo è un discorso mio di equitazione.   


Bene.
Vi abbraccio, spero di sentirvi presto, ci vediamo dalla Egan, e se cambiate luogo e ora dell’appuntamento senza avvisarmi spegnendo accidentalmente i telefonini non preoccupatevi, non ci resto male, mi manchereste, ovvio, ma ho già pronto il toolkit per il suicidio.


PS. Devo avere problemi al programma di gestione della posta. Non mi arrivano più vostre mail da tre mesi. Ho finito le scorte dei succhi di frutta alla mela verde. Comunque mi piace questa mail che vi ho scritto. Forse è finanche più bella del reportage (è quanto dire). Mi sa che la riutilizzo.

giovedì 15 marzo 2012

Un reportage narrativo del corso sul reportage narrativo



Federico Cerminara racconta la sua esperienza al corso di reportage narrativo tenuto da Christian Raimo e Cristiano de Majo

Due docenti, un numero sempre diverso di corsisti, vari tipi di dolcetti al cioccolato e pettinature retrò, ogni genere di condizioni climatiche e avversità locomotorie (dal classico sciopero dei mezzi, alla ormai storica nevicata fine settimanale); certo non si può dire che il corso di reportage narrativo sia stato noioso o ripetitivo. E se è vero che la location è rimasta la stessa (Ponte Milvio, per i curiosi), siamo stati attenti a cambiare stanza ogni volta per non farci scoprire. Da chi poi, non lo sappiamo. Dopo vari slittamenti, numerose mail di saluti e baci alle nostre adorate Barbara e Rachele, interessanti discussioni sul punto di vista e sulla distanza tra il testo e lo scrittore, noi probabilmente qualcosa l’abbiamo capita; Cristiano invece si sta ancora chiedendo come accendere il condizionatore.

Scherzi a parte, come abbiamo trascorso queste settimane? Abbiamo letto, e tanto: Vollman, Parise, Saviano, Wallace, Trevi, Carrère, Capote ed un altro paio che non mi va di nominare. Abbiamo divorato alcuni loro testi e ne abbiamo parlato, provando ad isolare aspetti particolarmente interessanti: il quoziente emozionale, lo stile, l’apparato informativo. Abbiamo lavorato sulla distinzione dei generi letterari, ci siamo concentrati sulla capacità, o talvolta semplicemente sulla volontà, dello scrittore di lasciarsi attraversare della notizia; ci siamo chiesti se ciascuno di noi avesse una notizia da raccontare e quali fossero gli strumenti adatti per cominciare. Abbiamo attraversato il sentiero che separa il giornalismo dalla narrativa; in fondo alla strada ci siamo seduti, lì nel mezzo, e siamo rimasti a guardare cosa succedeva. Il tempo necessario perché Christian si commuovesse tra una pagina di Carver ed un racconto di Barthelme. Affettuosamente scoraggiati di fronte ad una così chiara visione di un nostro ipotetico futuro, ma allo stesso tempo rafforzati psicologicamente dall’idea che neanche il congelamento dei neuroni potesse arrestare la nostra voglia di vedere, capire, raccontare, ci siamo lasciati la scorsa volta con una promessa: tornare con uno straccio di reportage finito per l’ultima lezione.

E così ognuno per la sua strada: Carmen, la nostra battagliera, ha preso a seguire le orme di Simoncelli, a zonzo tra i luoghi che lo hanno visto campione; Alessandra, sempre in viaggio per l’Italia, questa volta ha piantato le tende al Teatro Valle Occupato, dal cui fascino sembra sia stata letteralmente rapita; poi c’è Costanza (che tra una consegna e l’altra fa un salto all’università per sostenere un esame), intenta a scrivere lettere da Nomadelfia alla sorella lontana, raccontandole l’impatto con questo mondo per noi così strano; Gina, un po’ come quelle pedine del monopoli costrette a rimanere ferme tre giri in prigione, combatte il demone della burocrazia per ottenere le autorizzazioni per le sue interviste (buffo che proprio di carceri volesse parlare); Antonello, quello che ti slaccia le scarpe quando stai per dire una cosa intelligente, è uscito con la barca alle quattro di notte, per vedere di nascosto l’effetto che fa, ma purtroppo di lui non si hanno notizie; Domenico, in grado di lasciare a metà un’opinione perché nel frattempo si è convinto dell’esatto contrario, voleva raccontare il suo viaggio a New York, ora ovviamente scrive del primo paese italiano deracketizzato; Nicola, vi giuro, di cosa voglia parlare non l’ho capito, in compenso è pieno di idee, riesce a citare otto autori diversi nella stessa frase e poi come la sa prendere lui la tangente nessuno è capace; ed infine il sottoscritto, che per coerenza non ha voluto opporsi alla sua pigrizia, prova a raccontare il posto di lavoro, i colleghi, luci ed ombre di una giornata d’ufficio.

Ora siamo nella fase cruciale: consegnata ai tutor la prima stesura, ci siamo lasciati smontare con gioia dalle loro osservazioni e impieghiamo i giorni che ci separano dall’ultimo incontro per correre ai ripari, o talvolta per ricominciare daccapo. Domenico mi chiama in chat tre volte al giorno per sapere a che punto sono arrivato, Alessandra fa la misteriosa, i miei colleghi cominciano a fare strane allusioni al copyright che dovrei pagare, di Antonello ancora nessuna notizia; intanto la fatidica data della consegna si avvicina. Bando alle ciance, quindi. Poche distrazioni. Qui si lavora.

giovedì 8 marzo 2012

Non tutte le pubblicità vengono per nuocere #3

Esempi di campagne intelligenti a cura di Bruno Ballardini




Agenzia: Euro RSCG, Paris
Cliente: Peugeot


Il BETC, laboratorio per i new media creato dalla storica agenzia Euro RSCG di Parigi (quella di Séguéla, per intenderci), ci indica una via per la pubblicità del futuro. Per il lancio della Peugeot 208 ha realizzato uno dei primi spot interattivi. La storia si sviluppa in modo lineare ma, nei nodi cruciali in cui occorre fare una scelta, lo spettatore viene invitato a immedesimarsi nel protagonista e a scegliere al suo posto, istintivamente. Il claim "Let your body drive" (lascia che sia il tuo corpo a guidare/guidarti) contiene la strategia di comunicazione: la Peugeot 208 oggi è la scelta più istintiva e naturale per chi ama la guida, un'auto che sa interpretare meglio di qualunque altra il tuo istinto, quasi un'estensione del tuo corpo. Lo sviluppo del sito è di Anonymous. Fateci un giro: www.208.peugeot.it

Bruno Ballardini, pubblicitario, scrittore, saggista e docente di Tecniche della comunicazione pubblicitaria e Scrittura giornalistica, sarà il responsabile del corso COPYWRITER 3.0 - Scrivere per la pubblicità, la politica, i new media in partenza a marzo.

venerdì 2 marzo 2012

Non tutte le pubblicità vengono per nuocere #2

Esempi di campagne intelligenti a cura di Bruno Ballardini






Agenzia: Richter7, Salt Lake City
Cliente: Utah Commission on Marriage


Un esempio di eccellente sintesi nel rapporto fra copy e visual. Questa campagna realizzata nel 2010 dice esattamente quello che deve dire coinvolgendo il pubblico in un semplice gioco visivo. Di norma è preferibile non far compiere al pubblico nessun "lavoro" mentale affinché il messaggio arrivi in modo diretto prevenendo così la possibilità di un brusco cambio di pagina o di canale alla minima difficoltà di comprensione. Ma qui il messaggio si propone sotto forma di gioco e il minimo "lavoro" che occorre per scoprire la soluzione è parte integrante del messaggio stesso: perché un'unione sia durevole, occorre lavorarci. Insieme.

Bruno Ballardini, pubblicitario, scrittore, saggista e docente di Tecniche della comunicazione pubblicitaria e Scrittura giornalistica, è il responsabile del corso COPYWRITER 3.0 - Scrivere per la pubblicità, la politica, i new media (in partenza a giugno la seconda edizione).