lunedì 28 febbraio 2011

L'errore

di Giuseppe D'Onofrio

I raggi del sole di maggio entravano radenti dai finestroni del decimo piano e infastidivano una buona metà dei pazienti in attesa. Quelli più magri ed esperti, con le buste e le carte più pesanti, s’erano accomodati da ore sulla fila opposta di poltroncine di plastica, spalle alla parete. Un’infermiera s’affacciava ogni tanto dall’anticamera: un viso stanco con una criniera di capelli rosso fuoco. Subito qualcuno – un uomo in giacca e cravatta, un’anziana infagottata seguita da un vecchio magro, una giovane madre con occhi infossati e la bimba in braccio - si alzava, anticipando la chiamata, e si avviava lento o affrettato, impacciato o agile, ma sempre con una certa esitazione verso l’ambulatorio.
Una figura alta e asciutta, appena ingobbita in un camice bianco che arrivava alle caviglie, emerse dall’ombra giù in fondo e percorse tutto il corridoio a passi ampi e distratti, ciondolando due lunghissime braccia. Oltrepassò la doppia schiera dei pazienti e si fece avanti nell’anticamera. L’infermiera lo riconobbe e si ravvivò:
«Professor Gioia, è tanto che non ti fai vedere!»


***

Giuseppe D'Onofrio ha partecipato alla seconda edizione del laboratorio di lettura e scrittura con Carola Susani e Giordano Meacci,
Il racconto "L'errore" è stato pubblicato su Stilos.

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